RISULTATO ELETTORALE. C’È QUALCOSA CHE NON VA NEL CIELO DELLE DEMOCRAZIE OCCIDENTALI di Giuseppe Lumia

 



Una forte e tranchant canzone rock ritma “c’è qualcosa che non va in questo cielo…”. Aggiungiamo “nel cielo delle democrazie” e comprendiamo subito il senso di una verifica seria e rigorosa che necessariamente va fatta all’indomani del voto per i Referendum sulla giustizia e per le elezioni dei sindaci in diverse città. 


Si stanno incrociando diverse analisi sui tecnicismi dei quesiti referendari, su chi realmente ha vinto o perso, sulle ricadute politiche e sul cammino del Governo, sulla unità e ampiezza delle coalizioni e sul valore dei candidati sindaci, sui flussi elettorali. Tutti aspetti interessanti e da valutare attentamente. 


Ma poca attenzione rischiamo di dare all’ennesimo crollo della partecipazione al voto, come se fossimo rassegnati alla crisi della partecipazione sia politica che elettorale. 


C’è invece da ripensare e riprogettare il cammino delle democrazie rappresentative, per evitare che l’Occidente continui ad essere impreparato alla governance di eventi che segnano la storia con un "prima" e un "dopo": due anni fa la pandemia e adesso la guerra, ma già da tempo incidono il cambiamento climatico, le disuguaglianze, i flussi migratori, le minacce di mafie e terrorismi, il degrado urbano, l’abbandono delle aeree interne, la diffusione delle dipendenze, la finanziarizzazione dell’economia.


Tre dimensioni meritano un'attenzione particolare per scavare e comprendere le ragioni della crisi e per capire quali percorsi bisogna intraprendere per uscirne:


1) La crisi drammatica del ruolo del ceto medio-basso. Quando il ceto medio rasenta la povertà e quello basso la miseria, sia l’economia che la politica vanno in tilt. La risposta populista si è dimostrata fallace e di corto respiro, mentre dilaga la perdita di fiducia nella politica e nella competizione elettorale. C’è in sostanza da riprendere una consistente e moderna politica dei redditi. In Paesi come l’Italia, il salario di base dovrebbe attestarsi intorno ai 2.000 euro. Prima ci si avvia in tale direzione e meglio è per la stessa tenuta democratica della nostra società. In Germania lo hanno capito, in Francia è tema rovente del rinnovo dell’Assemblea, negli USA è ritenuto una questione centrale. Da noi si inizia solo adesso a discutere di queste tema. Bisogna accelerare e stabilire una media europea su cui procedere speditamente.


2) L’assenza di una visione progettuale del cammino delle nostre società. Si fanno pochi figli, le disuguaglianze si approfondiscono e aggravano, si vive male nel rapporto tra le persone e con l’ambiente. C’è da lavorare tantissimo per rendere lo sviluppo sostenibile socialmente e ambientalmente, per avviare la rigenerazione urbana nelle città e per rilanciare la vita delle aree interne. Questo richiede risorse enormi, concretezza progettuale e una cornice istituzionale adeguata a sfide di portata globale. Senza gli Stati Uniti d’Europa, si rischia di rimanere al palo dei localismi e del genericismo inconcludente.


3) La selezione della classe dirigente del “Noi”. Non si può più investire sulla ricerca del leader dell’"Io", né improvvisare con politici e rappresentanti delle istituzioni raccogliticci. La dicotomia tra giovani e anziani ha fatto solo danni. Per tutti sono richiesti formazione continua, attitudine all’impegno, passione intelligente e metodo organizzativo, progettuale, decisionale e partecipativo. È necessario tirar su una classe dirigente che si alleni prima di cimentarsi nelle istituzioni. Sarebbe ancora meglio se ciò avvenisse nell’associazionismo e nel volontariato, così da acquisire e coltivare un’abilità nel saper coniugare locale e globale, legalità e sviluppo in chiave sempre europea.


C’è insomma un duro lavoro da riprendere, per evitare che si continui a rotolare su questa china, senza attivare un cammino degno dei migliori valori delle nostre democrazie, capace di far risplendere “il cielo sopra le democrazie occidentali”.


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