Disuguaglianza sociale vs comunicazione politica di Claudio Loiodice

 



Disuguaglianza sociale vs comunicazione politica

di Claudio Loiodice


In questi giorni si discute sulla proposta della sinistra e del sindacato di applicare una tassa patrimoniale “una tantum” ai grandi patrimoni. Vedremo perché, secondo il mio parere, tale proposta sia condivisibile in termini assoluti, ovvero perché una tassazione straordinaria del genere gioverebbe a tutti, persino ai super-ricchi. Prima, però, è necessario chiarire perché sia stato un errore strategico di comunicazione, legare tale proposta all’annuncio di uno sciopero generale. Partiamo dalle motivazioni che porteranno in piazza il sindacato e le masse dei lavoratori. La protesta nasce contro la manovra di bilancio proposta dal Governo. I sindacati — divisi anche su questo — e i partiti di opposizione, contestano duramente la manovra, ritenendola iniqua, ingiusta e offensiva nei confronti dei lavoratori e delle fasce più deboli del Paese. Inaccettabili — posso dirlo senza tradire l’imparzialità della mia analisi sociologica — soprattutto se si considera che ai lavoratori dipendenti andrà un aumento annuo di circa 23 euro, mentre ai dirigenti di 400. Anche i benefici fiscali appaiono insignificanti, se non addirittura oltraggiosi. L’errore di Landini è stato quello di improntare i propri discorsi critici non solo sui difetti della manovra di Governo, ma di rilanciare contestualmente la proposta di una tassa patrimoniale. È lo stesso errore che si commette quando si legano più argomenti tra loro: presi singolarmente, possono avere senso e raccogliere consenso tra le varie anime dell’opposizione; uniti, finiscono spesso per indebolire la forza unitaria e creare confusione. Temi come fine vita, liberalizzazione delle droghe, riforma della giustizia, tutela del lavoro, conflitti bellici o riarmo, meriterebbero di essere affrontati separatamente. Allo stesso modo, la proposta di una tassa sui patrimoni andrebbe tenuta distinta dalle legittime proteste contro la manovra economica del Governo. Per spiegarmi meglio, prendo in prestito le parole di Maya Angelou (1928–2014), pronunciate in vari discorsi e raccolte in Letter to My Daughter (New York: Random House, 2008): “People will forget what you said, people will forget what you did, but people will never forget how you made them feel.” “La gente dimenticherà ciò che hai detto e ciò che hai fatto, ma non dimenticherà mai come li hai fatti sentire.” Questo concetto, semplice ma potente, suggerisce che il modo di parlare debba essere conciso e diretto. La destra conservatrice americana — da cui derivano molte tecniche comunicative dei movimenti politici conservatori attuali — ha paradossalmente fatto proprio questo principio, trasformandolo in: “It’s not what you say that matters, it’s what they hear.” “Non conta ciò che dici, ma ciò che sentono.” Si tratta di una strategia della percezione e della manipolazione narrativa, elaborata dallo stratega di George W. Bush, Karl Rove, che abbandonò l’empatia emotiva a favore del controllo della comunicazione. Dove ha sbagliato Landini, e con lui la sinistra, è nel non aver considerato che la memoria collettiva conserverà l’immagine di uno sciopero indetto per rivendicare una tassa sui ricchi, invece che contro una manovra finanziaria ritenuta dannosa e inutile. La Presidente del Consiglio, padrona della comunicazione conservatrice di stampo trumpiano, non si è lasciata sfuggire l’occasione: “Con questa destra al potere, non ci sarà mai una patrimoniale.” Stop. Colpito e affondato Landini e le buone intenzioni dello sciopero. Così facendo, la sinistra e il sindacato hanno bruciato una chance per spiegare che una tassa patrimoniale, una tantum, sui grandi patrimoni non sarebbe dannosa nemmeno per i ricchi stessi.

Fondamento costituzionale e limiti

Partiamo da un dato semplice: perché, al 99 % degli italiani, che si stanno progressivamente impoverendo, dovrebbe importare dell’1 % dei super-ricchi? La domanda è mal posta. Non è così che funziona la democrazia, né il principio di uguaglianza sancito dalla Costituzione. Il fondamento del sistema tributario italiano è l’art. 53 della Costituzione, secondo cui ognuno contribuisce alle spese pubbliche in ragione della propria capacità contributiva. Tale principio è stato confermato dalla giurisprudenza costituzionale. Esiste inoltre un precedente significativo: il primo Governo Amato (luglio 1992) introdusse un’imposta patrimoniale straordinaria dello 0,6 %, convertita poi in legge. Un governo tutt’altro che “comunista”, anzi a maggioranza democristiana. La Costituzione pone alcuni limiti all’applicazione di una tassa patrimoniale: il provvedimento deve rispettare i principi di proporzionalità e temporaneità (artt. 2 e 3 comma 2), non configurarsi come imposta strutturale ma eccezionale, idonea a fronteggiare una situazione emergenziale. È innegabile che il Paese attraversi oggi una crisi profonda, economica e dei servizi — sanità, lavoro, istruzione. Un prelievo straordinario avrebbe finalità di interesse generale, come la riduzione del debito pubblico, e sarebbe utile a tutti, ripeto, anche ai ricchi. La misura sarebbe giustificata perché “colpirebbe” (termine improprio) la ricchezza effettivamente posseduta (patrimoni certi, non presunti), evitando, come prescrive l’art. 42 della Carta, qualsiasi intento confiscatorio. Il “sacrificio” (altro termine improprio) sarebbe proporzionato e sostenibile. L’iter legislativo garantirebbe inoltre il rispetto della riserva di legge (art. 23), trasformando la misura in un atto di solidarietà sociale ed economica, espressione del dovere collettivo di cooperazione.

Prospettiva sociologica ed economica

Dopo questa premessa giuridica — affrontata da studioso, non propriamente da giurista — passo all’analisi sociologica ed economica, più vicina alla mia disciplina. La redistribuzione e la legittimazione sociale del prelievo patrimoniale sono temi ampiamente trattati da Luciano Gallino e Zygmunt Bauman. La tassazione, in chiave sociologica, è uno strumento di equilibrio — e in questo caso di riequilibrio — delle disuguaglianze, che rafforza la coesione sociale. Nel suo: “Lavoro, consumismo e nuove povertà (2001)”, Bauman descrive come la “modernità liquida” abbia ampliato la distanza tra inclusi ed esclusi dal sistema economico globale, creando un’“insicurezza strutturale” correggibile solo mediante una redistribuzione della ricchezza. Nello stesso anno, Gallino pubblicava “Sociologia economica” e, dieci anni dopo, “Finanzcapitalismo”. Egli osservava la tendenza neoliberista a privatizzare i profitti e socializzare le perdite, con la conseguente erosione del welfare e dell’equità sociale. Come a dire, semplificando: “i guadagni sono i miei, le spese sono di tutti”. In questa prospettiva, una tassa patrimoniale temporanea si inserirebbe in quel “contro-movimento” teorizzato da Karl Polanyi ne “La grande trasformazione (1944)”: una risposta collettiva alla frantumazione dei legami sociali, causata dall’eccessiva concentrazione del capitale. Un’imposta temporanea, nelle forme delineate, troverebbe inoltre fondamento nel pensiero di John Rawls (A Theory of Justice, 1971), secondo cui le disuguaglianze economiche sono accettabili solo se migliorano le condizioni dei più svantaggiati.

Analisi della ricchezza e delle disuguaglianze in Italia (2019–2024)

Negli ultimi cinque anni, mentre crescono numero e patrimoni dei milionari, i redditi delle famiglie italiane si riducono. Il patrimonio netto complessivo delle famiglie è passato da 10,7 a 11,5 trilioni di euro, mentre la quota detenuta dall’1 % più ricco (circa 500 000 persone) è aumentata di 190 miliardi, raggiungendo 2,7 trilioni €. In sintesi, l’intera popolazione ha visto crescere la ricchezza complessiva di 0,8 trilioni, ma solo l’1 % ne ha accumulati 0,19 trilioni. La crescita percentuale è simile (+7,5 %), ma quel solo 1 % detiene quasi un quarto del patrimonio nazionale. Nel medesimo periodo, i super-ricchi miliardari hanno più che raddoppiato il loro patrimonio (+142 %), mentre il restante 99 % “dei comuni mortali”, ha perso circa 55 miliardi in potere d’acquisto reale, a causa dell’inflazione (circa 20 %) e del blocco salariale.




I 500 000 milionari hanno visto crescere il loro patrimonio con una media annua dell’1,5 %, i miliardari del 19 %. La maggioranza degli italiani ha invece ridotto il proprio reddito reale del 3–4 %. La povertà assoluta ha raggiunto, nel 2024 il 9,9 %, in impennata per l’anno in corso, il livello più alto dal 2006. I ricchi, inoltre, dispongono di maggiori strumenti culturali e finanziari per proteggersi dall’inflazione, a differenza dei ceti medio-bassi che la subiscono integralmente.

Effetti macroeconomici di una tassa patrimoniale una tantum

Una tassa dell’1 % sui patrimoni superiori al milione di euro, genererebbe un gettito da 27–30 miliardi. Assumendo una deduzione prudenziale del 10 % (evasione e franchigie), l’impatto netto sarebbe di circa 27 miliardi, con un effetto sul PIL stimato in +1,3 punti percentuali. Il deficit pubblico si ridurrebbe di circa 70 miliardi, portandosi sotto la soglia del 3 % e il rapporto debito/PIL migliorerebbe di circa 1,2–1,3 punti (135,6 – 135,8 %). Il “sacrificio” richiesto ai contribuenti più facoltosi sarebbe di 10.000 euro per ogni milione di patrimonio effettivo, pari a circa quattro mesi di rendimento medio: un impatto trascurabile sulla liquidità e sul valore dei loro asset. Questa misura potrebbe generare effetti positivi a catena, grazie alla logica dell’economia circolare: la riduzione del deficit stimolerebbe la fiducia dei mercati e abbasserebbe il costo del denaro; migliorerebbe il rating nazionale e attrarrebbe investimenti esteri; rivaluterebbe i capitali investiti in imprese e immobili; aumenterebbe la capacità di spesa delle famiglie, con benefici per le imprese. In tal modo, anche i ricchi finirebbero per recuperare rapidamente l’imposta pagata, beneficiando di una crescita del PIL dell’1–2 %, purché le risorse siano destinate a sanità, istruzione, sicurezza e infrastrutture utili, non a sprechi o clientele. In conclusione, una patrimoniale etica e temporanea, orientata a rafforzare il welfare e la coesione sociale, non solo sarebbe compatibile con la Costituzione, ma rappresenterebbe un atto di responsabilità condivisa e di buon senso economico. Questo testo deve essere letto soprattutto in funzione di una svolta nella comunicazione politica. Ho cercato di spiegare che, attraverso giusti argomenti e scegliendo bene la tempistica della comunicazione, si potrebbe evitare che la gente dimentichi il contesto il metodo scelto per farsi sentire. 

“La gente dimenticherà ciò che hai detto e ciò che hai fatto, ma non dimenticherà mai come li hai fatti sentire”


9 novembre 2025

 

Claudio Loiodice

Sociologo



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