Scampato il pericolo non bisogna cadere nel solito scetticismo e minimizzare quanto è successo al Senato degli Stati Uniti. L’attacco al Tempio sacro della Democrazia è una cosa molto seria. Tra l’altro non era mai successo prima. Neanche possiamo riderci sopra perché vederlo come un bizzarro episodio ci porta fuori pista, come già è successo in altri tragici momenti storici pure in Italia e in Europa.
Trump ha seminato per anni odio, bugie e divisioni, per cui la sua istigazione alla protesta per contestare il chiaro, netto e certificato risultato elettorale si è facilmente tradotta in un’aggressione di inaudita violenza all’interno del Congresso. Vedremo quale soluzione istituzionale di censura verrà presa e che livello raggiungerà.
Intanto la denuncia e la presa di distanza politiche e morali sono inevitabili e necessarie.
Ma alcune lezioni di fondo rimangono per l’impegno del nuovo Presidente sin dai primi giorni dell’insediamento, per evitare che possa scatenarsi un conflitto permanente, pericoloso per la realtà americana ed emulativo per altre società.
Alcune di queste lezioni valgano innanzitutto per comprendere il cammino in salita che attende gli stessi Repubblicani americani.
1) Devono non solo liberarsi di Trump ma avviare una sorta di rielaborazione culturale della dimensione politica del proprio agire e del rapporto con il proprio elettorato. Certo, non sarà semplice emarginare il populismo estremista, ma la cultura politica della destra deve mettersi alla ricerca di nuovi profili nella definizione delle politiche sociali ed economiche e nella selezione di leadership adeguate alle nuove sfide che si sono aperte in questi anni così travagliati e aggravati dal diffondersi drammatico del Covid.
2) Devono prendere le distanze dalle aree interne estremiste, razziste e suprematiste, ben organizzate e finanziate, mentre quelle meno proclivi alla violenza vanno liberate da pericolose e antiche nostalgie Confederali e dalle attuali scelte discriminatorie a scapito dei diritti civili delle minoranze e delle varie diversità sociali...
3) La destra americana, dopo essere stata segnata per anni e anni dal liberismo sfrenato e da logiche imperialiste, non può adesso rimanere schiacciata dal populismo interno e dal sovranismo protezionista nei rapporti internazionali. È un bene per tutti favorire un riposizionamento dei Repubblicani in chiave di una destra più liberal, sociale e internazionale.
Anche per i Democratici c’è da riflettere e ripensare. Lasciano ben sperare la serietà e la capacità di Biden e della Harris nel dimostrare subito un approccio di alto profilo istituzionale e di proiezione innovativa. Il fermo no a Trump deve via via passare ad un sì ad una nuova visione progettuale e alle concrete riforme radicali che tutti si attendono con fiducia. Solo per indicare alcune delle lezioni per i Democratici.
1) Il Paese e la Comunità internazionale devono avere nel nuovo Governo americano un solido punto di riferimento, per trovare percorsi di unità e di impegno con i quali vincere la sfida del Coronavirus e per mettere mano alla lotta al cambiamento climatico e alle realtà che producono povertà e disuguaglianze, guerre e conflitti, terrorismi e mafie.
2) Il ceto medio basso non va mai lasciato impoverire, perché costituisce il pilastro portante sia della tenuta sociale della democrazia sia della possibilità di rilanciare i livelli di benessere e di sviluppo. Lasciare questo ceto sguarnito di reddito e di politiche economiche espansive sarebbe un errore esiziale. Così pure vanno riannodati i fili dell’impegno di rappresentanza svolto dalla politica senza i quali il ceto medio-basso sarebbe gettato nella solitudine, in balia di tensioni dirompenti e di strumentalizzazioni estremiste, per di più a favore dei populismi, come oramai da anni avviene in America e in tutto l’Occidente. Vanno pertanto poste più cura e più attenzione alle politiche di uguaglianza, naturalmente nel segno avanzato dello sviluppo sostenibile socialmente e ambientalmente anche in chiave territoriale, generazionale e di genere.
3) Va recuperata una dimensione viva dell’impegno politico quotidiano, che sa tenere insieme la visione progettuale innovativa e radicale con la capacità decisionale di governo e con la partecipazione dal basso, che non può essere attivata solo durante la ristretta fase elettorale.
4) La globalizzazione va sottoposta ad una nuova governance. Demonizzare la globalizzazione è da sciocchi ma subirla è da irresponsabili. È indispensabile aprire a regole nuove di governo delle tensioni internazionali e di superamento sia della maledetta finanziarizzazione dell’economia sia della delega della vita politica esclusivamente ai social.
Infine, anche per l’Europa c’è molto da ripensare e riprogettare. La via dell’“io” nella situazione di crisi della politica genera solo mostri politici, pertanto non bisogna più privarsi della capacità costituente della leadership del “noi” di avviare il percorso ormai necessario e maturo, soprattutto tra i giovani, degli Stati Uniti d’Europa.
Complimenti per le tue profondi riflessioni. Condivido pienamente ,Ti ringrazio tanto e ti auguro un sereno Anno nuovo
RispondiEliminaCondivido riflettiamo!!!
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