PRIME NOTE SUL RISULTATO ELETTORALE. AL PD E AL CENTROSINISTRA ADESSO IL COMPITO DI RIGENERARSI.


PRIME NOTE SUL RISULTATO ELETTORALE. AL PD E AL CENTROSINISTRA ADESSO IL COMPITO DI RIGENERARSI.


di Giuseppe Lumia



Analisi e letture politiche sui risultati elettorali si vanno sommando un po’ alla rinfusa. Ognuna contiene un pezzo di verità e di stimoli interessanti. Tra pochi giorni tuttavia scemeranno e si corre di nuovo il rischio che anche questa occasione non sia servita per curare i vecchi mali della politica, che continuano a produrre danni consistenti al Bene Comune e alla Partecipazione Democratica


Due dati generali non possiamo comunque trascurare. 


1) IL CROLLO DELLA PERCENTUALE DEI VOTANTI. Siamo al minimo storico. C’è un malessere sociale profondo e rovinoso, inascoltato e privo di uno sbocco politico adeguato, al Sud in particolare. Purtroppo, era tutto previsto. Segno dell’aggravarsi della malattia che attanaglia tutta la politica ormai da decenni, almeno dalla fine della Prima Repubblica e per tutta questa disgraziata Seconda Repubblica. Senza una seria cura ideale e progettuale, rischiamo di compromettere la stessa fiducia verso la democrazia e i suoi meccanismi di funzionamento. Allora bisogna avviare il cantiere della “riforma della Politica”: va rivisto il suo modo di pensarsi e di praticare la partecipazione nella società e la governance delle istituzioni. L’ennesima rincorsa alla riforma istituzionale non potrà essere un rimedio adeguato. È semmai una scorciatoia foriera di ulteriori e gravi problemi, soprattutto se vuole mettere in discussione i cardini della nostra Carta Costituzionale.


2) IL CROLLO DEL GRANDE CONSENSO POPOLARE AI PARTITI. Nessun partito ha raggiunto il 30 per cento dei voti espressi. Anche Fratelli d’Italia, che ha in mano le chiavi del governo del Paese, è rimasto e di molto sotto tale soglia. Questo dato ci richiama alla “riforma dei Partiti”. Bisogna agire immediatamente nel mettere mano alla loro dimensione ideale e al loro carattere sociale, alla funzione di selezione della classe dirigente e alla capacità di affrontare i problemi e le sfide presenti nella società. Nessun gioco comunicativo della leadership dell’“IO” può essere la soluzione. È una scorciatoia già praticata e dannosa. È tempo allora di promuovere la dinamica del “NOI”, del pensare comunitario e progettuale. 


La destra ha vinto e avrà sicuramente le sue ambasce: a brevissimo si dovrà misurare, da un’ottica di governo, con la capacità di varare la prossima manovra finanziaria, dove i vincoli di bilancio e dello spread peseranno sul programma che gli elettori di centrodestra si attendono. Così anche il gioco interno alla coalizione del centrodestra, con le sue conflittualità implicite o esplicite, avrà un peso sulla prossima stabilità di governo. Infine, non bisogna sottovalutare il loro modo di stare in Europa: se si appiattiranno sul modello Orbàn nel comprimere i diritti sociali e civili e se subiranno le interferenze di Putin, verranno meno quanto prima la loro capacità di guidare il Paese e la nostra autorevolezza in Europa e nell’alleanza euroatlantica. 


Il centrosinistra ha perso. È una grave sconfitta. Ma adesso, per chi ha a cuore le sorti del pensiero progressista, si apre la grande opportunità di rigenerare finalmente il suo modo di stare insieme e di dare voce e rappresentanza alle istanze diffuse di cambiamento della società, così presenti e vitali nel mondo dell’associazionismo, del volontariato e in diverse forze sociali.


Su tre fondamentali aspetti si deve subito lavorare:


1) LA COALIZIONE AL CENTRO DELLE ALLEANZE. Senza l’unità delle forze progressiste e democratiche, cioè del centrosinistra, non c’è storia, non si può competere. Il centrodestra ha vinto ma è comunque minoranza nel Paese. Anche questo centrodestra era pertanto battibilissimo. Insomma, nonostante i mille e seri problemi, bastava essere uniti per affermarsi soprattutto nei collegi uninominali contendibili, piuttosto che giocare stupidamente l’uno contro l’altro alla ricerca di una impossibile egemonia. Il ruolo dell’opposizione dovrà essere utilizzato per imparare a stare bene insieme in Parlamento e nel Paese, a recuperare un rapporto virtuoso pure tra il PD e il M5S e insieme con le altre forze e con lo stesso Terzo Polo e a crescere sempre insieme preparandosi per le prossime scadenze elettorali. 


2) LA QUESTIONE SOCIALE AL CENTRO DEL PROGETTO POLITICO. Il ceto medio-basso è il fulcro della democrazia e dell’economia: quando il suo benessere è in radicale crisi, si genera stagnazione della domanda interna e si alimenta il populismo, spostando via via sempre più a destra l’asse della politica. Le disuguaglianze di reddito sono diventate insopportabili perché hanno impoverito il ceto medio e gettato nella miseria chi già viveva in condizioni di povertà. Basti pensare a quello che succede nelle periferie dei centri urbani e alle condizioni di vita del mondo degli insegnanti, delle forze di polizia, dei lavoratori del privato e del pubblico impiego. Anche le disuguaglianze generazionali sono diventate insopportabili: i nostri giovani devono poter entrare sin da subito nel mercato del lavoro e delle professioni, e non mediamente oltre i trent’anni e sottopagati, quando va bene. Così le disuguaglianze territoriali creano un profondo malessere: periferie e aree interne sono diventati i focolai dei populismi di ogni tipo. Insomma va cambiato il passo per promuovere lo sviluppo sostenibile socialmente e ambientalmente, ancorando questo cammino al rilancio del ceto medio-basso e superando le altre forme di disuguaglianze con proposte ampiamente condivise, risolutive e misurabili in tempi certi.


3) UN CAMBIO DI PASSO NELL’APPROCCIO ALLA CENTRALITÀ DELL’EUROPA. Sull’Europa bisogna senz’altro spendersi con il cuore e la mente ma stando molto attenti a non chiudersi nella sterile difesa dell’attuale inconcludente e burocratico assetto dell’Unione Europea. Va preparata e lanciata la Costituente sociale e politica degli Stati Uniti d’Europa. Il “genericismo” europeista, in sostanza, non produce risultati nella governance dei grandi problemi e delle drammatiche sfide né riscalda i cuori degli elettori. Solo con gli Stati Uniti d’Europa possiamo mettere all’angolo le destre populiste e coinvolgere sani interessi economico-sociali e i giovani alla politica progressista. 


Lo stesso PD è chiamato a una svolta profonda e radicale. Da quando è nato, ci si concentrati sulla ricerca, di volta in volta, del nuovo segretario risolutivo: dal 2007 se ne sono avuti ben sette, senza contare i due reggenti, ma il risultato non è stato quello per cui il Partito democratico è nato. 


Alcuni criteri guida vanno pertanto rispettati nell’avviare una nuova stagione, in netta discontinuità con il passato


Primo: il prossimo Congresso deve essere giocato innanzitutto sulle idee e sulla progettualità per dare una chiara identità, un mordente programma, una capillare organizzazione e la più adeguata classe dirigente.


Secondo: bisogna liberarsi del male del genericismo nel formulare idee e programmi. Qualche esempio su tutti. Quando parliamo di scuola, non dobbiamo fare cenno alla sua retorica e ovvia centralità, dobbiamo porre semmai al centro il livello di reddito dei nostri insegnanti e riportarli da subito sopra i 2.000 euro per garantirne un rapido adeguamento alla media europea; stesso ragionamento vale per la politica dei redditi e del rilancio del welfare nella sanità e nelle politiche sociali. Quando parliamo di lotta alle mafie, non dobbiamo ricorrere a frasi retoriche da usare nelle ricorrenze, ma va realizzato un progetto-obiettivo, anno per anno, capace di liberare la politica e l’economia dalle collusioni, per promuovere quei diritti in grado di dare alla legalità un legame solido con lo sviluppo sostenibile.


Terzo: identità, visione, progettualità devono avere un supporto nella formazione della classe dirigente e un radicamento costante nella vita reale dei territori. Illudersi che il web sia l’unico spazio politico su cui agire è una pia illusione. C’è molto da ripensare e da riprogettare nell’organizzare la dimensione comunitaria e partecipativa nei territori.


Quarto: è maturo il tempo per mettere in discussione l’eccesso di liberismo che è entrato nelle vene delle politiche del Partito democratico, soprattutto quando è stato messo alla prova del governo. Le sfide della globalizzazione, il cambiamento climatico, il superamento delle varie disuguaglianze, la lotta alle mafie richiedono nuovi approcci culturali di governance dell’economia e dei conflitti sociali che già sono in fase di sperimentazione in tante realtà economico-sociali e che il pensiero progressista deve conoscere, far propri e implementare. 

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