INVESTIRE SUL CETO MEDIO-BASSO: SENZA IL SUO APPORTO IL CAMBIAMENTO FALLISCE E IL CONFLITTO SOCIALE SALE ALLE STELLE di Giuseppe Lumia

 



 


C’è poco da fare, senza un certo livello di benessere del ceto medio-basso, le democrazie vanno in grave sofferenza, addirittura in crisi di legittimità, mentre il conflitto sociale rischia di debordare e di erodere la stabile convivenza umana e politica. 


Senza il consenso del ceto medio-basso, le azioni per reggere le sfide drammatiche sia del cambiamento climatico sia dell'integrazione delle diversità sociali e di provenienza territoriale non hanno alcuna consistenza. 


Basta osservare la vita quotidiana per rendersi facilmente conto di quanto stia soffrendo il ceto medio-basso. Adesso troviamo conferma anche nei dati impietosi dell'analisi economico-sociale, che ci consegnano una realtà ancora più drammatica. 


In sintesi: il ceto medio scivola sempre più verso la povertà, il ceto basso verso la miseria. 


È un fenomeno che si registra un po’ in tutto l’Occidente, tranne qualche eccezione nel Nord Europa. Resiste a questa deriva la Germania. Per il resto, la tendenza è omogenea, anche negli Stati Uniti. 


In Italia, anno dopo anno, si scivola sempre più in basso: siamo ormai al disastro, come si può desumere anche dall’ultima "fotografia" del Paese scattata dall’ISTAT.  


Cosa fare? Occorrono visione, progettualità e concretezza. 


Facciamo alcuni esempi:


1) ALZARE I REDDITI. Sotto i 2.000 euro non deve essere consentito nessun reddito da lavoro o pensione. In cinque anni, tappa dopo tappa, bisogna procedere in tal senso. Iniziamo subito a intraprendere questa strada, prevedendo nella prossima manovra finanziaria una consistente riduzione del cuneo fiscale, con uno stanziamento che non può essere inferiore ai 25-30 miliardi l’anno. Per la prima tappa, la copertura finanziaria può essere recuperata dall’extraprofitto realizzato dalle società di gestione dell’energia. Il resto va recuperato anno per anno attraverso una severa e rigorosa lotta all’evasione fiscale. 


2) ABBASSARE E RINEGOZIARE I MUTUI DELLE CASE. Il mutuo bancario per la prima e la seconda casa va rinegoziato e regolato per legge, stabilendo un tasso di interesse dello 0,30 per cento per la prima casa e dello 0,80 per cento per la seconda. Dalla terza, il tasso di interesse può essere lasciato alle dinamiche del mercato. 


3) PIÙ UGUAGLIANZA NEI REDDITI. I redditi dei super manager e dei manager devono via via riprendere una dinamica rispondente ai più elementari principi di uguaglianza. L’attuale divario è scandaloso: si potrebbe iniziare a limitare i cospicui incentivi attualmente previsti per molti super manager, anche senza corrispettivo con i risultati delle loro aziende, per recuperare la decenza nella progressione dei redditi all’interno delle imprese e delle istituzioni pubbliche.  


4) I GIOVANI SUBITO AL LAVORO. Stiamo assistendo ad una emigrazione silenziosa dei nostri giovani, spesso ben preparati e comunque volenterosi. Quelli che restano in Italia entrano tardissimo nel mercato del lavoro, spesso dopo i trent’anni. Ecco allora la svolta che va promossa: incentivi senza precedenti per i giovani al lavoro e concorsi pubblici velocissimi, tenendo conto del percorso formativo secondario e universitario, che a sua volta deve essere liberato dalla gabbia dei test di ingresso. D’altra parte ci si forma anche mentre si lavora, soprattutto se in modo stabile e duraturo. 


Certo, c’è bisogno anche di tanto altro, per esempio del rilancio di un welfare moderno e di un collegamento stretto tra reddito di cittadinanza e mercato del lavoro. Ma c’è soprattutto bisogno di un forte ancoraggio all’Europa dal punto di vista dei range fiscali e di reddito, che finalmente devono essere omogenei per tutti i Paesi. Ecco perché è necessario più che mai anche in questo campo procedere spediti verso gli Stati Uniti d’Europa.

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